Di Claudia Gravaghi

Per il mio primo blog ho deciso di parlare di zucchero. Mai come in questi anni si è data tanta importanza a questo alimento. Ma perché solo adesso?

Vi ricordate l’abbondanza dei cibi FAT-FREE sugli scaffali del supermercato negli anni 80-90? Una vera e propria invasione. Ancora oggi si possono trovare alcuni prodotti, soprattutto latticini, ma niente a che vedere con l’offerta di quegli anni.

I nuovi trend alimentari nascono molto spesso da campagne marketing mirate che trasformano i risultati di nuove scoperte scientifiche in vere e proprie fobie alimentari. In quegli anni, la scoperta che il consumo di alimenti con elevato contenuto di grassi saturi animali poteva aumentare il rischio di malattie cardiovascolari1 aveva generato una e vera propria tendenza di mercato FAT-FREE, soprattutto negli Stati Uniti e nel Regno Unito, con una vera ossessione per le calorie.

Per ridurre le calorie dell’alimento e renderlo FAT-FREE, parte del grasso veniva sostituito con carboidrati meno calorici (4 vs 9 calorie per grammo), generando un aumento del contenuto di zucchero in quasi tutti i cibi confezionati, inclusi quelli considerati dietetici o salutari o quelli per bambini. Oggi sta accadendo lo stesso fenomeno con i popolarissimi alimenti GLUTEN FREE.

Come non farvi ingannare dalle etichette?

Vi faccio un esempio pratico. Un cucchiaino di zucchero corrisponde a circa 4 g di zucchero granulato, un normale succo di frutta per bambini può contenere fino ad un equivalente di 5 cucchiaini di zucchero (circa 20 g leggete zucchero sotto la voce carboidrati) che equivale all’incirca alla razione giornaliera di zucchero per un adulto sano (6 cucchiaini ) secondo le linee guida della World Health Organization (Global Action Plan for NCDs 2013-2020).  Nel 2003, sempre secondo la WHO, il consumo medio pro-capite giornaliero globale era 58g per persona, nel 2013 ha raggiunto 63g. Nel 2008, l’assunzione giornaliera media in UK era 76,7 grammi al giorno, che equivale a ben 19 cucchiaini di zucchero al giorno.

Ma come districarsi con i cibi che sono sulla nostra tavola tutti i giorni e che magari sono la combinazione di diversi alimenti.

Qua ci sono varie possibilità. Diciamo che la cosa più comune è valutare l’effetto che l’alimento ha sulla glicemia nel sangue. Il cibo una volta ingerito viene digerito e trasformato in glucosio, acidi grassi e aminoacidi. Il glucosio per entrare nelle cellule e trasformarsi in energia ha bisogno dell’ormone insulina, prodotta dal pancreas, che fa entrare il glucosio nella cellula con i “suoi tempi” creando una curva glicemica. Per semplificare, se l’alimento contiene per la maggior parte zucchero la curva glicemica avrà un andamento a picco molto rapido con un conseguente aumento di insulina, se l’alimento contiene solo grassi o proteine la curva glicemica sarà quasi piatta.

Esistono diversi valori che posso aiutare a distinguere l’effetto di un alimento sulla glicemia: l’indice glicemico, il carico glicemico e  il carico insulinico. Questi indici, se pure riduttivi e facilmente trovabili online, valutano l’impatto dell’alimento sulla glicemia e insulinemia, e sono importanti per districarsi tra le varie categorie alimentari. Le mandorle ad esempio, una volta bandite dalle diete ipocaloriche, sono ritornate in auge come snack salutare perché hanno un indice glicemico basso, ovvero hanno un effetto moderato sulla glicemia. Attenzione la mandorla è un cibo ad alto valore nutrizionale, la panna montata pur avendo un indice glicemico basso ha un valore nutrizionale irrilevante anche se buona. L’avocado ad esempio essendo composto prevalente di grasso ha un indice glicemico praticamente nullo.

Una dieta a basso carico insulinico rimane fondamentale per prevenire o tenere sotto controllo patologie metaboliche come il diabete e sindrome metabolica caratterizzate da insulino-resistenza. Fino adesso, i dati in letteratura supportano che il metabolismo glucosio può svolgere un ruolo nell’eziologia del cancro al pancreas. Sembra però che una dieta a basso carico glicemico possa diminuire il rischio di cancro al pancreas solo in quegli individui che hanno già una tendenza ad avere di insulino-resistenza come nel caso di diabete e sindrome metabolica2.

  1. Witteman JC Willett WC  Stampfer MJ et al 1989 A prospective study of nutritional factors and hypertension among US women Circulation 80 5 1320-7
  2. Bao Y Nimptsch K Wolpin BM et al 2011 Dietary insulin load, dietary insulin index, risk of pancreatic cancer  American Journal of Clinical Nutrition 94 3 862-8

Claudia Gravaghi, nutrizionista, si divide tra Milano e Londra dove porta avanti il sogno di diffondere un’educazione alimentare che si basi su fondamenta scientifiche piuttosto che su mode alimentari. www.claudiagravaghi.com